Umbra Conscientia – “Yellowing Of The Lunar Consciousness” (2019)

Artist: Umbra Conscientia
Title: Yellowing Of The Lunar Consciousness
Label: Terratur Possessions
Year: 2019
Genre: Black Metal
Country: Internazionale

Tracklist:
1. “El Caos Que Precede A La Creación”
2. “Maze Of Exile
3. “Romance Of Contradictions
4. “Citrinitas”
5. “Umbra Conscientia”
6. “Lord Of Phosphorus”
7. “Yellowing Of The Lunar Consciousness”

Molti sono i modi per fare paura. Trasmettere inquietudine, malessere, sconforto, abbattimento – ma nei casi migliori far tremare nel profondo e con sincerità l’ignaro per la credibilità nell’atto di ricreare all’improvviso terrore fuori portata: un dono, se guardiamo alla capacità di dipingere le chiare fattezze di quel sublime da provarsi nella pericolosità percepita dalla distanza di sicurezza; il Black Metal in varie accezioni e con vari mezzi (spesso i più inconsueti ed anche imprevedibili in termini), accomunati nel miasma di frequenze disturbanti atte a far volare l’immaginazione nei più oscuri e temibili meandri del sé grazie all’incomprensibile, è da sempre arte concettualmente affine al fine, ma è senz’altro vero che l’ingrandimento del bacino d’offerta esteso quasi a superare quello dell’utenza in ascolto e la conseguente stilizzazione del genere una volta passata la fine dello scorso millennio hanno reso apparentemente sempre più difficile raggiungere l’effettivo spavento nell’animo dell’ascoltatore. All’aumento indiscriminato dell’offerta che genera assuefazione per abitudine si aggiunge il potere mediatico a doppio taglio dello strumento internet, il cui confine tra l’utilizzo e l’esserne utilizzati è tanto labile quanto quello tra l’esserci ed il crederci in simili proposte; l’occasione rende l’uomo ladro o, più semplicemente, alla fine, ciò che veramente è -parimenti a ciò che non è- viene fuori con maggiore intensità quanti più sono i mezzi di comunicazione? Rousseau o Golding?
Molti sono i modi per fare paura; ovunque risieda la diavoleria, il grande inganno, e anche se con ogni probabilità (e più pragmaticamente) il bilico fiammeggiante descritto è di nullo interesse, quantomeno una volta fatti i conti finali a tu per tu con quel che esce dal riproduttore musicale di turno, ognuno di essi richiede una certa dose di mistero e silenzio, dell’imperscrutabile caliginoso e di mancanza affinché il fine emozionale possa essere realizzato con la più fervente aderenza.
È dunque corretto, per la legge dei grandi numeri e delle rispettive possibilità aumentate, ritenere occorra soltanto cercare meglio e -in molti casi- più a fondo per ritrovare le sensazioni di cui sopra?

Il logo della band

Con i suoi quaranta minuti d’assassina efferatezza, di cruda malevolenza, il debutto a ciel sereno degli Umbra Conscientia sembrerebbe un buon punto da cui partire per rispondere affermativamente al quesito; quantomeno, una valente prova a favore di parte della teoria abbozzata nelle premesse.
Non è un caso che della band sia lecito conoscere, ad oggi, davvero poco e niente – quel poco che esiste, è per di più volontariamente fumoso: tre i componenti, dispersi tra Germania (che vede abitanti l’eccezionalmente indemoniato urlatore e l’addetto agli sfrontati battiti di perdizione) e la Costa Rica (che dal suo ci regala le strazianti corde avvolte da catene arrugginite, nonché la seconda mefitica ugola), una fondazione del progetto misteriosamente retrodatata al 2017 stando alla scarna biografia promozionale d’accompagnamento, e soprattutto l’assenza di prove minori a fare da trampolino di lancio per il risultato di un primo full-length rilasciato tramite Terratur Possessions (non nuova a colpi biologicamente simili, si ricordino giusto gli ormai classici Misþyrming).
Ciò che resta cristallino, al pregevole contrario, è il fine: creare la musica del Diavolo e travasare in audio la forza del Pandemonio riversato in Terra con tutti i daemonis dell’anti-creazione, intermediari tra divino e umano in uno scenario di apocalisse che è -in quanto tale- rivelazione divina e anche illuminazione personale.

In sei pregevolissimi brani di rara affilatezza ed elastico timing, corredati di adeguata introduzione, gli Umbra Conscientia mettono a segno un coagulato di brutalità che mescola lo stile snare-driven à la Death Metal dell’ultimo Ascension (con più di un’assonanza chitarristica), la causticità da vortice infernale del debutto degli Ondskapt e le vocals di “Fourth Reich” dei Katharsis con il riffing pieno e veloce di “Salvation” dei Funeral Mist e la produzione di “Maranatha”, realizzando una miscela che ha l’effetto di un’esplosione di chiodi e frammenti di vetro in pieno volto – i resti della detonazione mostrano tuttavia che ogni riferimento, per quanto pregevole, è in realtà puramente indicativo perché ciò che rende a tratti clamoroso il lavoro svolto in un debutto del calibro di “Yellowing Of The Lunar Consciousness” è proprio l’orchestrazione dei tasselli mediata da un taglio personale; un modo di far confluire le disparate influenze svincolandosene con bravura, realizzando una proposta già capace di fare da sé e stagliarsi con forza al di sopra della concorrenza di derivazione occulta come una scheggia impazzita.
Mai sacrali, gli Umbra Conscientia, pur al netto di una propensione chiaramente esoterica e gnostica in liriche, immaginario e poetica (a più riprese anche stilistica), non sono infatti una band Orthodox Black Metal per struttura veicolare e lo dimostrano immediatamente -ascoltare l’attacco e sviluppo di “Maze Of Exile” per credere- non solo con l’ultraviolenza smodata ma con una frontalità che spesso manca (nel bene e nel male, a seconda del risultato e della profondità in gioco) anche alle più pregevoli espressioni del filone, a cui il gruppo si riavvicina solo nell’ingannevole rallentamento della conclusiva title-track e (qui non dissimili da una certa recente ricerca disarmonica tipicamente islandese) nei rimbalzi arpeggiati dell’inizio di “Romance Of Contradictions” (poi splendido manifesto dell’immediata gustosità ritmica di tutto l’album).
Impossibile non partire, nell’estensione dei singoli meriti, da un comparto vocale che è già tratto fortemente distintivo dello stile Umbra Conscientia e regala una prova che si fatica a ritenere umana in manifestazioni quali la fine del mondo di “Citrinitas” (sub specie diabolis!) o la successiva, ululante, “Umbra Conscientia”, entrambe (ma non meno le altre) superbe nell’offrire una prestazione d’intensità, aggressività, genuinità, oscurità, spaventosità e puri scatti rabbiosi fuori di testa – sputi di bile ributtante tali da valere l’acquisto del disco anche da soli; tuttavia non meno incisive o notevoli le chitarre, perennemente dirette alla carotide e spesso deformate dall’utilizzo del flanger (o dei sali-scendi impazziti e caotici) che rende spettacolari e di una fluidità magistrale gli snodi armonici dei riff a cascata, specialmente nelle tirate più veloci sorrette e doppiate dalla doppia cassa di batteria martellata senza pietà (chi scrive è in dubbio sulla preferenza del suono asciutto e pestifero del rullante o il rimbombo infernale delle grancasse), ma anche perfettamente capaci di condannare anime nel tripudio di morte e virulenza scatenati a pioggia di lava senza fine in “Lord Of Phosphorus”.

Ciò che resta al termine dell’ascolto di “Yellowing Of The Lunar Consciousness” è dunque, al minimo, lo stupore di trovarsi di fronte alla visione e alla musica di debuttanti che hanno sfornato una delle più belle sorprese dell’anno. La realizzazione è in sostanza quanto di più notevole e difficile da assimilare all’idea di primo album assoluto di una band, tanto distruttivo da sfornire totalmente di argomenti riguardo possibili falle o imperfezioni e lasciare terra bruciata di convenevoli, nonché rendere inutile qualunque ulteriore giro di parole che risulterebbe semplicemente ridondante: rumorosi, ardentemente spaventosi, brucianti, spiritati, posseduti e convulsi come pochi, gli Umbra Conscientia sono graziati dalla rara abilità di veicolare autentica paura in musica. Imperativo fare in modo che un tale dono non vada sprecato o rimanga inascoltato.

Matteo “Theo” Damiani

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